Dov’è diretta l’impresa italiana?

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di ROSSANA RODA’ – La forte accelerazione dei cambiamenti nei prodotti e nei servizi, dovuta alla concorrenza globale, impone alle imprese e all’intero sistema economico del nostro Paese un consistente impegno rivolto all’aggiornamento e alla continua introduzione di innovazioni.

Informazione, conoscenza e innovazione sono elementi strategici, sui quali le imprese Italiane, comprese quelle di più ridotte dimensioni, dovranno puntare per riuscire a compiere l’indispensabile “salto di qualità”, aggiungendo più valore ai loro prodotti.

Questo passaggio consentirà alle imprese stesse di collocarsi su fasce più elevate di mercato per non competere con produttori che perseguono esclusivamente strategie incentrate sulla competitività di prezzo e che traggono forza proprio dalla inimitabile combinazione di design, stile, qualità e innovazione.

L’applicazione concreta di nuove idee riguarda tutte le fasi delle varie attività economiche.

Può assumere la forma di un migliore prodotto, o servizio, o può riguardare più semplicemente un singolo aspetto del processo considerato, accrescendone il valore . Conoscenza e innovazione sono elementi strategici, sui quali le imprese italiane, comprese quelle di più ridotte dimensioni, dovranno puntare, per riuscire a compiere l’indispensabile “salto di qualità”, aggiungendo più valore ai loro prodotti.

Questo passaggio consentirà alle imprese stesse di collocarsi su fasce più elevate di mercato.

Questo posizionamento permetterebbe di evitare di competere con produttori che perseguono esclusivamente strategie incentrate sulla competitività di prezzo, traendo forza proprio dalla inimitabile combinazione di design, stile, qualità e, soprattutto, innovazione.

Va compiuta un’attenta valutazione sul modo in cui il sistema produttivo Italiano e la sua capacità di innovazione si proiettino sui mercati mondiali, osservando i flussi relativi agli scambi con l’Estero di beni e servizi legati alla tecnologia e all’innovazione.

Dagli ultimi dati Istat, l’italia, rispetto alle altre economie europee, cresce lentamente e il problema non e’ solo produttivo ma c’e’ anche una forte carenza di produttivita’ , che ha come scopo quello di utilizzare tutte le risorse a disposizione per fare ciò che le aziende dovrebbero realizzare, un’efficienza interna per rendere tutto piu’ competitivo.

La produzione potrebbe essere aumentata, assumendo più lavoratori , investendo nei macchinari, ma cio’ non significa che, aumentando il lavoro, cresca la produttivita’, tecnicamente data dal valore dell’output diviso per il valore dell’input.

Non dimentichiamo , che  a rallentare la crescita delle nostre imprese, e’ anche il nostro sistema fiscale e contributivo, che appare iniquo e incontrollabile; negli ultimi anni c’e’ stata  una forte attenzione anche da parte delle istituzioni internazionali , della corte dei conti , OCSE e Commissione UE , ma, ad oggi, non è stato fatto nulla di concreto.

Nel total tax rate, che e’ la somma di tutte l’imposte  , pagate dai lavoratori, consumatori e imprese l’Italia e’ al primo posto.

E’ molto difficile parlare di globalizzazione se non si prendono provvedimenti seri in linea con gli altri Paesi; oggettivamente per le nostre imprese-costrette a trasferire la produzione in Paesi dove gli imprenditori si sentono valorizzati- e’ difficile essere competitive,

Ma dove e di cosa stiamo parlando e soprattutto dove stiamo andando? Queste considerazioni e questi dati vanno calati nella realta’ dei fatti.

Gli ultimi dati confermano la posizione deficitaria del nostro Paese, sia se si considera la bilancia tecnologica dei pagamenti-che comprende le transazioni di tecnologia non incorporata in beni fisici, la cosiddetta disembodied technology-sia con riferimento agli scambi di prodotti ad alta tecnologia.

Tra le principali voci della bilancia dei pagamenti tecnologica, l’Italia mostra da anni un saldo passivo relativamente agli scambi di licenze, brevetti, know how, assistenza tecnica, mentre vanta un modesto saldo attivo negli scambi relativi ad attività di ricerca

Un deficit che va di pari passo con il mancato utilizzo di fondi comunicati.

Va però evidenziato come, al di là delle considerazione economiche e tecniche sopra esposte, vada considerato come la realtà dei fatti e soprattutto in Italia, sia spesso diversa.

I dati e l’ esperienza maturata sul campo ci rivelano come l’Impresa Italiana non segua purtroppo un percorso virtuoso e non reinvesta l’utile nell’impresa stessa.

A differenza di quanto accade nella maggior pare delle imprese mondiali, l’utile viene utilizzato per esigenze private, personali.

Si preferisce destinarlo alla propria famiglia e non alla crescita professionale e umana dei dipendenti

Le aziende vogliono andare all’estero, ma non sono attrezzate culturalmente per poterlo fare, in quanto non investono nella formazione. Dobbiamo compiere per questo uno sforzo comune, prima di pensare alla globalizzazione e dobbiamo pensare a rendere noi stessi imprenditori migliori.

Vogliamo globalizzare le nostre imprese? I nostri imprenditori devono iniziare a globalizzare loro stessi.

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