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di BEATRICE GALLUZZO – Solo nella giornata di ieri, nell’ambito di una serie di operazioni di soccorso coordinate dalla Guardia Costiera di Roma, sono stati tratti in salvo 4100 migranti. L’imbarcazione dei profughi si trovava davanti alle coste libiche, e proprio dalla Libia, secondo gli ultimi report, è partito il 97% dei barconi che quest’anno hanno solcato, con alterne fortune, il Mar Mediterraneo.
Proprio per questo il Paese è incluso a più riprese nel Piano d’Azione sui migranti della Commissione Europea, presentato nel vertice di Tallinn qualche settimana fa, e per le medesime ragioni il Ministro Minniti è in queste ore a Tripoli. La questione libica è punto cardine del fenomeno dei flussi migratori, e una dilazione delle partenze passa necessariamente da un accordo con le autorità del Paese.
Ma proprio qui emerge il problema: l’autorità formale di Serraj infatti finisce dove inizia quella dei capi tribù presenti a Sud, e proprio a loro Minniti si è rivolto- prima organizzando la loro visita al Viminale, ora ricambiando la cortesia e recandosi in prima persona in Libia- per risolvere, sopratutto, il problema dei trafficanti di esseri umani. Proprio questi ultimi infatti gestiscono un settore economico illegale che lucra profitti altissimi e che conferisce ai leader della criminalità un potere non indifferente, che ormai inquina anche la Guardia Costiera e le milizie locali. La strategia da seguire per arginare il fenomeno è sostuire ai circuiti di questa economia immorale, oltre che contaria alle norme internazionali, un’economia che sia ugualmente florida ma che si sviluppi in settori legali.
Intanto, sulla questione arrivano le aspre critiche di Amnesty International. L’Unione Europea ha infatti fatto molte pressioni per devolvere parte della responsabilità sulla gestione dei flussi migratori alla Libia, presentando, per esempio, un piano di finanziamenti da 46 milioni di euro al fine di rafforzare le autorità del Paese, o attraverso il progetto di un centro di soccorso da costruirsi direttamente in territorio libico. Il 19 giugno, però, Human Rights Watch ha presentato un documento molto dettagliato sulla mancanza di competenza dell Guardia Costiera libica; inoltre si sottolinea come nell’ex Paese di Gheddafi i migranti siano sottoposti a misure detentive e abusi disumani, tra cui stupro e tortura. “Aiutare le persone in pericolo di vita nel Mediterraneo per riportarle nell’inferno in Libia non significa salvarle”, questa è la dichiarazione, forte e chiara, con la quale Amnesty sintetizza le sue posizioni.
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