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di BEATRICE GALLUZZO – La questione migranti passa anche per l’intervento delle navi italiane in Libia. Bisogna aspettare però l’ok delle Camere, in particolare del Parlamento, e l’assenso del governo di Tripoli, il quale deve chiarire anche una serie di punti nebulosi rimasti nebulosi tra Gentiloni e Serraj.
Il primo verte sulla natura dell’intervento della Marina Militare in Libia per arginare il fenomeno del traffico di esseri umani, un settore dell’economia che è peraltro fiorente in territorio libico. Il secondo interrogativo invece gravita sulla questione dell’incarico dei militari italiani, i quali dovranno segnalare eventuali barconi di migranti alle autorità libiche, che sono quelle preposte poi al trattamento dei migranti. Come ha fatto notare Amnesty International il rispetto dei diritti umani è stato molto spesso trascurato in Libia, ed è per questo che si guarda con sospetto questo piano di gestione migranti. Inoltre rimane aperta la faccenda della sicurezza delle forze italiane, nel contesto di un accordo internazionale che coinvolga anche le tribù sostenitrici di Tobruk.
A livello organizzativo, probabilmente elementi del personale libico verranno integrati agli equipaggi italiani, per garantire un collegamento immediato con il governo di Tripoli. Le navi utilizzate saranno probabilmente due, da scegliere tra un pattugliatore tipo Cassiopea o una corvetta come la Denaide. A ospitare il comando della missione sarà invece una nave della classe San Giorgio.
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