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di BEATRICE GALLUZZO. Uhuru Kenyatta- figlio del padre fondatore dell’indipendenza del Kenya e presidente dal 2013- è stato riconfermato ufficialmente per la carica presidenziale con il 54,3% dei voti, contro il suo sfidante Raila Odinga, il quale si è fermato al 44,7%. Ancora prima che la vittoria di Kenyatta venisse confermata, l’opposizione aveva parlato di elezioni truccate, di brogli elettorali, di un voto farsa. Le rivolte pro-Odinga sono scoppiate con estrema violenza soprattutto nelle bidonville e nelle misere periferie, come Mathare e Kibera, che disegnano i contorni della capitale; ma rivolte e scontri tra manifestanti e polizia hanno scosso anche Kisumu, situata nella parte occidentale del Paese.
Almeno due persone sono morte durante gli scontri nella giornata di ieri a causa di ferite da arma da fuoco: il primo sarebbe un uomo rimasto ucciso nel caos delle manifestazioni nella città di Siaya; la seconda, invece, una donna ammazzata da una pallottola vagante che l’ha colpita mentre si affacciava dal balcone della sua casa. Secondo quanto riportato dal Guardian, altre quattro persone sono state ricoverate in ospedale.
Dalla comunità internazionale, spettatrice degli eventi che stanno insanguinando il Kenya, si sono levate diverse voci- molte delle quali hanno sostanzialmente consigliato alla parte politica perdente di accettare il risultato di queste elezioni. John Carry, ex Segretario di Stato statunitense, ha dichiarato che il sistema giudiziale e le leggi elettorali del Paese assicurano la veridicità del verdetto finale e un ampio grado di responsabilità degli attori politici coinvolti. Anche la ELOG, società di primissimo piano nell’ambito del controllo dei risultati delle votazioni, ha dichiarato di non aver riscontrato alcun elemento che possa far supporre brogli o manipolazioni durante la tornata elettorale.
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