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ROMA – Due emiliani sono ricoverati nel reparto di malattie infettive e tropicali colpiti dalla febbre del Nilo occidentale, virus trasmesso dalle zanzare notturne originarie dell’Egitto. Erano arrivati nei giorni scorsi in ospedale con febbre alta e stato confusionale e sono stati sottoposti a complessi esami radiodiagnostici e sierologici che hanno accertato la malattia. Si tratta dei primi casi accertati in Emilia Romagna dopo che comunque il primo registrato in Sardegna in provincia di Oristano, il primo caso di febbre del Nilo dopo sei anni nell’Isola.
Dunque, dal 10 al 17 agosto sono tre i casi confermati dall’Italia. La febbre del Nilo che non è trasmissibile da uomo a uomo ha un’incubazione che varia dai 3 ai 15 giorni dalla puntura della zanzara infetta. La malattia può non venire riconosciuta, nei casi meno gravi, e vissuta dal paziente come un’influenza che dura circa una settimana, ma se non curata in alcuni soggetti può portare a encefalite, coma e morte. La zanzara che può trasmettere la febbre del Nilo è quella comune (Culex pipiens), largamente diffusa nel territorio, che ha l’abitudine di pungere di notte. Al momento non esiste un vaccino per l’uomo e l’unica prevenzione è l’esporsi il meno possibile alle punture di zanzare.
Il virus sviluppa disturbi gravi solo nello 0,4% delle persone colpite. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ricorda che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riporta il rapporto settimanale sulla febbre del Nilo occidentale che comprende la mappa della attuale distribuzione geografica dei casi umani autoctoni segnalati nell’UE e nei paesi vicini: un aggiornamento della situazione e una tabella che presenta i casi nei paesi e le zone colpite. Tutte le informazioni sono fornite al fine di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della salute nelle zone con in corso di trasmissione del virus del Nilo occidentale agli esseri umani al fine di sostenere l’attuazione delle normative vigenti.
In particolare, secondo la legislazione sulla sicurezza sangue dell’UE, gli Stati membri devono avviare tutte le misure di controllo per garantire la sicurezza del sangue nel caso di contagi del virus in questione. Una sfida importante per l’attuazione del suddetto regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite.
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