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di BEATRICE GALLUZZO – Si conclude il caso della bambina affidata alla famiglia musulmana: sarà riunita alla nonna. Era stato il Times a riportare il caso, risucchiato in men che non si dica nella spirale diabolica dell’indignazione popolare, riguardante la bambina inglese di cinque anni data in affido a una famiglia musulmana.
La controversa decisione degli assistenti sociali del municipio di Tower Hamlets, quartiere multietnico di Londra, è stata poi ribaltata ieri dalla disposizione del giudice Khatun Sapnara, il quale ha disposto che la piccola venga riunita alla nonna, che da tempo aveva avanzato la richiesta d’affidamento, concretizzando l’applicazione del principio fondamentale nell’ambito delle decisioni riguardanti i minori: il perseguimento del “best interest”, ovvero il “miglior interesse” del fanciullo.
I dettagli di questa storia, avviatasi in maniera tortuosa a una conclusione dopotutto felice, erano stati fatti trapelare dal famoso quotidiano britannico, il quale aveva avuto accesso ad alcuni documenti confidenziali in cui si descriveva il disagio che una bambina così piccola aveva incontrato durante il percorso di ricollocamento in un contesto-quello musulmano-culturalmente e tradizionalmente molto diverso dal suo background di provenienza.
La bambina, descritta dal giornale attraverso l’utilizzo quantomeno peculiare di due aggettivi, “bianca e cristiana”, non poteva mangiare carne di maiale, vietata dai dettami della religione islamica, nè portare il crocifisso al collo. Inoltre, era stata avviata allo studio della lingua araba.
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