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“Nella ripresa persistono trascinamenti inerziali da maneggiare con cura. Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore” si legge nel 51esimo rapporto Censis sulla situazione del Paese “L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso nella scala sociale il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti – spiega il Censis -. La paura del declassamento è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l’87,3% di loro pensa che sia molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso. Allora si rimarcano le distanze dagli altri: il 66,2% dei genitori italiani si dice contrario all’eventualità che la propria figlia sposi una persona di religione islamica, il 48,1% una più anziana di vent’anni, il 42,4% una dello stesso sesso, il 41,4% un immigrato, il 27,2% un asiatico, il 26,8% una persona che ha già figli, il 26% una con un livello di istruzione inferiore, il 25,6% una di origine africana, il 14,1% una con una condizione economica più bassa. E l’immigrazione evoca sentimenti negativi nel 59% degli italiani, con valori più alti quando si scende nella scala sociale: il 72% tra le casalinghe, il 71% tra i disoccupati, il 63% tra gli operai. La ripresa c’è e l’industria va, come confermano concordemente quasi tutti gli indicatori economici. Fanno eccezione gli investimenti pubblici, che nel 2016 si sono attestati su un valore ancora pari al 32,5% in meno, in termini reali, rispetto a quelli dell’ultimo anno prima della crisi (il 2007). La produzione industriale italiana in qualche caso supera, le performance dell’industria tedesca. Si rileva una crescita costante, che culmina nel primo semestre del 2017 con una variazione positiva del 2,3%: la migliore tra i principali Paesi europei. E cresce al +4,1% nel terzo trimestre dell’anno. L’industria manifatturiera è stata in grado di far crescere il valore aggiunto per addetto del 22,1% in sette anni, portandolo a quasi 68.000 euro”.
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