di BENNY MANOCCHIA – Qualche volta un giornale, che ha avuto lunga vita, con giornalisti di valore, ottime vendite e tutto il resto, diventa stranamente infantile, quasi ridicolo, perche’ ha stretto il suo nome a un partito, a una fede politica che non sempre ragiona. Prendete La Repubblica. E’ di sinistra, anche se il suo fondatore da ragazzino era stato vicino a Mussolini. Bene. Ognuno segue la strada che gli e’ piu’ consona. Qualcuno dei suoi collaboratori si impunta, vuole provare qualcosa che assolutamente non puo’ essere provata.
A New York c’e’ Rampini, vecchio comunista con capelli al vento e erre moscia da dolce vita… Da anni dice male dell’Italia e degli italiani, se a Roma non e’ al potere la sinistra. Almeno quella all’acqua di rosa degli anni trascorsi. Rampini vorrebbe vedere il bolscevismo a casa nostra. Lo ha affermato piu’ di una volta tra amici, nei colloqui anche intimi. Ogni giorno deve riempire la sua colonnina con qualcosa che galvanizzi i lettori e faccia contento il direttore. Quel direttore del quale Rampini vorrebbe prendere la poltrona. Non e’ un giornalismo accurato, sincero.
Deve dire quello che ha in mente anche se le prove schiacciano il suo ragionamento. Basta aprire la prima pagina ed ecco un titolo:”Lotta tra Tump e il ministro della Giustizia, che lo ha protetto dall’impeachment”. Barr e’ una persona onesta, ha sempre detto le cose seguendo attentamente le righe della legge. Nessuno puo’ dargli dell’imbroglione e quindi “non ha protetto Trump durante le schermaglie dell’impeachment”. Scioccamente Rampini non si accorge che dice esattamente il contrario. Il ministro descriveva (libro alla mano) che cosa stava succedendo in quell’impiglio. fallito miseramente.
No, Trump e’ stato aiutato, insinua Rampini. Falso. Adesso basta parlargli della Guggey e i capelli di Rampini diventano… rossi dalla vergogna. Quando si dice di giornali “seri”.
Leave a Reply