(Afp) di BENNY MANOCCHIA – I sei candidati democratici, in lotta per acquisire il diritto di affrontare il presidente Trump nelle elezioni di novembre, ricordano un fuscello in balia di un fiume in piena. Sbandano paurosamente, si scontrano a viso aperto, se ne dicono di tutti i colori, senza forse capire di fare del male al loro partito. Forse l’unico che resta su vecchi binari e’ Sanders, lo “zio Bernie” del tutto gratis per tutti. Lui e’ ricco, ma preferisce il socialismo per gli altri.
C’e’ una novita’ (non molto nuova a dire il vero) su quanto sono riusciti ad intascare in un solo giorno, soprattutto dopo il dibattito tra di loro. La Warren, per esempio, dinnanzi ai giornalisti ha detto, con orgoglio: “Signori della stampa, dite come stanno le cose: ho raccolto 5 milioni di dollari in poche ore”. Non e’ piaciuto a Biden, che chiede ai democratici suoi amici (non sono rimasti in tanti) di aiutarlo a raggiungere i cento milioni di dollari dei quali ha bisogno per riuscire a portare avanti la sua campagna.
Ma Biden appare stanco, deluso. Chissa’. Buttigieg, il giovane sindaco di un paesotto dell’Indiana, ha detto che lui non ha paura: i dollari arriveranno, anche se, ha commentato, non potremo mai avvicinarci ai 464 milioni di dollari che finora ha investito Bloomberg. Da quanto si e’ capito nel loro ultimo scontro in pubblico, i milioni di Bloomberg fanno ricchi giornali e tv per gli spot pubblicitari che pubblicano e mandano in onda onde “far capire che solo Bloomberg puo’ battere Trump”.
Insomma, una corsa al dollaro. Qualcosa che in America non e’ poi anormale. Quando tutto sara’ finito, venti miliardi (forse molto di piu’) sara’ il totale speso per l’assalto a Trump. Ma anche il presidente non scherza. Ogni volta che compie uno dei suoi “raid” (come li chiama) 30/40 milioni entrano nelle tasche del partito repubblicano. Tutto, sembrerebbe, per mantenere calda l’importantissima poltrona della Casa Bianca.
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