Piccole utilitarie made in Italy addio, FIAT cede alla ‘SUVizzazione’ e cambia volto seguendo i trend dell’automotive europea

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ROMA – FIAT dice addio all’utilitaria Made in Italy, economica nel costo e nella gestione: è quanto emerge dal report che l’organizzazione ambientalista indipendente europea Transport & Environment (T&E) ha realizzato sulla base dei forecast di produzione di GlobalData.

Nel futuro del marchio nato a Torino oltre un secolo fa la produzione potrebbe spostarsi rapidamente verso segmenti più alti e, soprattutto, registrare un incremento dei volumi dei SUV. Ciò andrebbe di pari passo con un’ulteriore delocalizzazione verso Serbia, Polonia e Turchia e con un ritmo di elettrificazione della flotta che potrebbe non coincidere con gli impegni di decarbonizzazione comunicati dal gruppo Stellantis. Gruppo che in Italia arriverebbe a produrre al 2030, secondo i forecast GlobalData, circa 630.000 auto, sommando la produzione dei suoi vari brand (in particolare la crescita nei volumi di Opel, Alfa Romeo, DS, Maserati, Lancia e Dodge, mentre dovrebbe contrarsi, oltre alla produzione di FIAT, anche quella di Jeep).
Se sarà questo il futuro di FIAT, il marchio del gruppo di Tavares seguirà tendenze già chiaramente in atto nell’automotive europeo, almeno in termini di evoluzione dell’auto, ma in antitesi rispetto alla storia della casa nata a Torino. Evolvere verso veicoli più grandi significherebbe per FIAT appannare la propria identità in un momento in cui è evidente la mancanza di offerta, da parte dell’automotive europeo, sui segmenti delle auto piccole (A e B), specialmente per la produzione di vetture elettriche (BEV). Un vuoto, questo, che molti analisti ritengono sarà colmato dalla produzione cinese. Il recente lancio della Renault 5 elettrica (costruita in Francia con una batteria prodotta in Europa) dimostra però che una strada all’utilitaria zero emission europea esiste ed è concreta. Ma resta necessario un indirizzo industriale chiaro e le giuste politiche industriali di sostegno.
Delocalizzazione, processo di elettrificazione a rilento, aumento delle dimensioni delle auto: dall’analisi di T&E dei forecast GlobalData, sono quindi tre i principali trend evolutivi che caratterizzerebbero la produzione di FIAT negli anni a venire.
Un marcato processo di delocalizzazione: all’Italia andrebbe solo il 22% della produzione
Se nel 2022, in Italia si è assemblata circa la metà (48%) delle 510 mila Fiat prodotte – con il restante suddiviso tra Turchia (26%), Polonia (25%) e Serbia (1%) – all’orizzonte si profilerebbe un’ulteriore tendenza alla delocalizzazione. Le previsioni di GlobalData suggeriscono che la maggior parte dei veicoli FIAT prodotti al 2030 sarebbero assemblati in Serbia (34%); alla Turchia, cui andrebbe il 25% della produzione, seguirebbe l’Italia (22%), dove si produrrebbe solo la 500 elettrica. La parte residua della produzione sarebbe distribuita tra Polonia (15%) e Algeria (4%). La conferma della produzione della Panda, nella sua versione elettrica, a Kragujevac in Serbia è un chiaro esempio della strategia in corso.
La diminuzione della produzione FIAT in Italia non coinciderebbe, tuttavia, con una “ritirata” del gruppo Stellantis dal nostro Paese. I forecast prevedono che la multinazionale nata dalla fusione di FCA e PSA arriverà a produrre in Italia, alla fine di questo decennio, circa 630.000 veicoli, in crescita rispetto agli oltre 460.000 veicoli prodotti nel 2022. Si tratterebbe di volumi ben lontani dai picchi di produzione dell’automotive italiana (poco meno di 2 milioni di auto nel 1989), potenzialmente coerenti con uno scenario di riduzione del possesso di un mezzo privato e, guardando alla sola capacità di assorbimento del mercato nazionale, di riduzione del tasso di motorizzazione, a oggi il più alto in Europa.
Elettrificazione della propria gamma a rilento, meno del 12% della produzione complessiva in UE
Lo scorso anno, sono state meno di 70mila le BEV prodotte da FIAT, ossia meno del 12% della produzione complessiva del brand in UE e nei paesi limitrofi (circa 580 mila auto). Le previsioni per i paesi analizzati indicano che, al 2030, potrebbe essere elettrica solo la metà (53%) della produzione. Situazione un po’ diversa per l’Italia che, in questo scenario, sarebbe l’unico paese che, per quella data, raggiungerebbe la piena elettrificazione dei volumi del brand, poggiando tuttavia sulla produzione di un solo modello, la 500 elettrica (che lo scorso anno è stata l’unica BEV offerta da FIAT sul mercato). Osservando la sola componente full-electric, lo scorso anno questa ha rappresentato in Europa il 18% delle vendite del brand di Stellantis, mentre, in Italia la quota si è fermata al 2.9%.
Un aumento delle dimensioni dei veicoli e molti più SUV
I dati di forecast GlobalData mostrano una strategia produttiva improntata sempre meno su modelli piccoli, appartenenti ai segmenti A e B. Se nel 2022 due auto FIAT su tre (66%) erano piccole utilitarie appartenenti al segmento A, le previsioni indicano nel futuro un’inversione di tendenza nella produzione: i veicoli del segmento A dovrebbero scendere al 43% del totale della produzione, in favore di una crescita dei veicoli del segmento B (che dall’8 salirebbe al 32%; e si tratterebbe di soli modelli SUV), mentre nel segmento C – che manterrebbe la stessa quota di produzione (26%) – la percentuale di SUV passerebbe dallo 0 al 10%. Il trend di “SUVizzazione” apparirebbe quindi marcato. Nel 2023 i SUV hanno rappresentato appena il 12% della produzione FIAT, ben al di sotto delle vendite registrate per quella tipologia di veicoli sul mercato italiano (56%) nello stesso anno. I dati previsionali stimano che, nel 2030, il 42% della produzione europea della casa auto sarebbe costituito da SUV (una crescita di circa 3-4 volte rispetto al 2023), portando sul mercato modelli come la 600 (B-SUV) o la Multipla (C-SUV). La tendenza a produrre veicoli di segmenti più “alti”, associata alla progressiva affermazione del “paradigma SUV” per l’auto (per il gruppo Stellantis il 77% della produzione italiana al 2030 sarebbe SUV), corrisponde a una strategia di massimizzazione dei profitti – come già evidenziato da un’analisi di T&E – trasversale a tutti i costruttori europei, che negli ultimi anni stanno sensibilmente riducendo l’offerta di modelli di auto più piccole (si pensi all’uscita dai mercati di Citroen C1, Peugeot 108, Ford Fiesta) a favore di più SUV.
“Il declino dell’industria italiana dell’auto comincia assai prima della rivoluzione elettrica. In 30 anni siamo passati dal produrre 2 milioni di auto a meno di mezzo milione. Lo scorso anno FIAT ha toccato il suo minimo storico nel nostro Paese: appena 230mila auto” ha commentato Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia, che continua “La transizione all’elettrico può essere un’opportunità per rivitalizzare il settore, ma quel che manca sul mercato europeo è l’offerta di un’auto di massa a zero emissioni. Che non sembrerebbe essere al centro dei piani FIAT. Se l’industria europea non spingerà in questa direzione saranno probabilmente i competitor cinesi a colmare il vuoto”.
Negli scorsi mesi Stellantis ha preteso alcuni impegni, dal Governo italiano, per confermare il suo interesse industriale verso il nostro Paese. Tra i risultati di questo confronto, un nuovo sistema di incentivi potrebbe segnare un cambio di passo per il mercato italiano delle BEV. Tuttavia, secondo T&E, utilizzare la sola leva del sostegno alla domanda, in un contesto di mercato e mobilità per altri versi sfavorevole all’elettrico, risulterà parziale. Se si vuole sostenere la ripresa dell’automotive italiana si deve favorire a 360 gradi la transizione dei trasporti.
Transport & Environment raccomanda al Governo italiano di adottare un sistema di incentivazione esclusivo per i veicoli a zero emissioni; una nuova fiscalità dell’auto – e in specie dell’auto aziendale – declinata (come quasi ovunque in Europa) in base ai parametri emissivi; introdurre un meccanismo di credito per l’elettricità rinnovabile nei trasporti, facilitando così lo sviluppo di una rete di ricarica capillare e realmente abilitante. Inoltre l’Italia dovrebbe promuovere e sostenere tutta la catena di valore della mobilità elettrica (ad esempio impiegando i fondi del DL Energia), per investire sull’intero ciclo delle batterie, dalla raffinazione e dal processing delle materie prime fino al loro recupero. La creazione di un ecosistema favorevole alla transizione elettrica può essere un fattore decisivo di attrattività per nuovi investimenti.
T&E chiede inoltre a Stellantis di affermare con chiarezza il suo supporto al phase-out dell’endotermico al 2035, recentemente appannato da ripetute e ondivaghe dichiarazioni che prefigurano rallentamenti o ripensamenti sulla decarbonizzazione della produzione del gruppo.

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