FRANCESCO GRECO. MOSCA – I giornali cartacei? Archeologia. Buoni per incartare il pesce. Autoreferenziali. Infatti disertano il World Media Congress di Copenaghen. I tg? Età del bronzo, come le facce di molti giornalisti. Hanno un pubblico di vecchi che li guarda fra una partita a scopa e un torneo di bocce.
Il pianeta si è d’improvviso elettrizzato, divenuto fatto esponenziale, virale: i vecchi paradigmi della decodificazione relativizzati, ogni dì più datati. I pregiudizi ideologici, le ultime ragnatele di un atout colonialista, appaiono inadeguati e anche grotteschi. Magnificano una realtà distopica, taroccata.
La complessità richiede nuove password, grammatiche, pathos per i tempi nuovi in itinere. Ogni ritardo è colposo, lo pagano i popoli frustrati nelle loro speranze di pace e progresso.
Ormai la comunicazione passa su altre vie. In poche ore, viaggiando solo sui social, la celebre intervista di Tucker Carlson a Vladimir Putin (8 febbraio 2024) ha raggiunto un miliardo di persone.
Depotenziato della sua forza maieutica, boicottato dal mainstream, censurato, o letto come sociologia, il montaggio di un video sui due giorni (16-17 maggio) dell’incontro di Putin con Xi Jinping va allo stesso ritmo: arrivo, accoglienza fastosa e festosa, colloqui, progetti a cui lavorare, l’idea della guerra da fermare con le Olimpiadi (lo facevano i popoli del passato, è troppo pretendere che lo sappiano, Stoltenberg, Blinken e la Ursula?) sdegnata dal partito trasversale della guerra nei Parlamenti e le redazioni, un’appendice nel nord della Cina, al confine con la Russia (4250 km), clima disteso, informale: Putin e XI scravattati, saluti affettuosi, strette di mano, la partenza.
Ricchezza semantica da decodificare. Un incontro che è già nella Storia, un snodo che apre nuovi scenari, micro meso macro: si è entrati in un mondo nuovo? E mentre i Brics in crescita di numero fra poco si vedranno per presentare la nuova moneta che manderà il dollaro all’ospizio, l’Europa aspetta senza particolare ansia (8-9 giugno) di rinnovare i camerieri al comando di oligarchie, corporation, fondi d’investimento. E se scendono in campo i big (capi di Stato e di governo) vuol dire che li terrorizza la delegittimazione del sistema vs astensionismo. Affrontiamo la complessità del momento con Mark Bernardini, giornalista, analista politico, interprete, traduttore (anche di Putin), da una vita in Russia.
Possiamo dire che col vertice Putin-Xi il pianeta è entrato in una fase nuova formattando il mondo conosciuto sino a ieri, non più unipolare?
La versione di un improvviso incontro non preannunciato tra Putin e Xi è appunto una versione romanzata in stile molto occidentale. Incontri del genere vengono concordati e preparati per mesi, qui in Russia se ne parlava fin da gennaio, ed esattamente per metà maggio, dopo le elezioni presidenziali. Se poi in Occidente si sono svegliati tardi, è un problema dell’Occidente collettivo. Ciò premesso, vedo tale incontro come un logico tassello di un fenomeno epocale in atto già da qualche tempo, nient’affatto conclusivo o esaustivo, un sincronizzare le lancette, anche e soprattutto in chiave bilaterale dal punto di vista economico, a fronte dell’inasprimento sanzionatorio occidentale ora anche nei confronti della Cina, sotto forma di dazi ingiustificabili e vessazioni impensabili.
Elite e governance si sono fatti trovare impreparati, senza un piano B: cecità o interessi?
Come detto, chi doveva e voleva sapere, anche in Occidente, sapeva, ma ha preferito procrastinare fino all’ultimo, per creare l’impressione che siano invece Russia e Cina ad avere convocato un vertice improvviso, non essendo preparate alle gloriose imprese occidentali. Psicologi dilettanti e raffazzonati allo sbaraglio.
Si parla di pace, ma alla conferenza di metà giugno in Svizzera la Russia non è gradita così come i suoi atleti alle Olimpiadi in Francia: è un modo di dire che la pace non interessa, cascami di una mentalità coloniale che però sta evaporando?
Persino l’Occidente collettivo la fa meno semplice. In Svizzera si parla di pace con la Russia senza la Russia. Cioè, come dire, di nuovo: vedete? Sono i russi a non volerlo. Personalmente, ma è appunto un parere personale, ritengo che non ci sia nulla da discutere: a Roma si raccomanda di “non fare i conti senza l’oste”.
L’Occidente sta preparando un piano per l’Ucraina? Ha dimenticato di chiederlo alla Russia? Invano: al fronte o, come amavano dire, “sul campo di battaglia”, quando erano fiduciosi nella sconfitta della Russia, è la Russia a vincere. Non ho mai sentito parlare di capitolazione (non si tratta di negoziati) concordata secondo i termini della parte sconfitta. La mia sensazione personale come esperto è che da parte loro sia un “forse funzionerà” o semplicemente un osservare, in disparte, come reagirà la Russia a tutto ciò. Per poi dire: vedete? La Russia non lo vuole, noi eravamo pronti. Avrebbero dovuto ricordarlo a Johnson a Istanbul, ma non è questo il punto. Il punto, ad esempio, è che l’ormai ex presidente ucraino Zelenskij ha proibito a chiunque, compreso se stesso, di condurre qualsiasi negoziato con i “dannati moscoviti”. Ed il punto più importante.
Qual è lo scopo dichiarato dell’operazione militare speciale fin dall’inizio? Smilitarizzazione e denazificazione. Gli obiettivi sono stati raggiunti? No. Non ancora. La piccola e tagliuzzata Ucraina cesserà di essere nazista e gonfiata di armi occidentali, come avamposto anti-russo? E’ ovvio a tutti: no. Il bombardamento di nuovi (e non solo nuovi) territori russi si fermerà? Ovviamente no. Anche la Germania di Hitler, quando tutto era già chiaro e l’Armata Rossa si avvicinava a Berlino, balbettava qualcosa sui negoziati. La nostra fortuna è che i sovietici non ci siano cascati. Per le Olimpiadi francesi, è emblematico e simile: i russi dovrebbero accettare un temporaneo “cessate il fuoco” per un evento a cui non sono stati invitati?
Sanzioni: maggio 2022, Draghi convinse l’Europa che in pochi mesi la Russia sarebbe stramazzata, senza uova e mozzarelle. Risultato: l’eurozona cresce dello 0,7, Mosca del 3,6: gaffe clamorosa o l’ex Bce ha dato una polpetta avvelenata al vecchio continente magari ispirato dall’Impero del Male?
Ritengo verosimili entrambe le cose. In questo mondo, oggi puoi dire una cosa, domani il suo opposto, e domani nessuno ti rimprovererà per quel che hai detto oggi. La Banca Centrale Europea (BCE, banca privata), l’organo più rilevante dell’impalcatura europea, il suo statuto la definisce indipendente, mentre, è banale rilevarlo, essa risponde agli interessi dei mercati (non certo dei cittadini) e della Bundesbank, vale a dire dell’oligarchia tedesca, e in seconda battuta francese. Per di più, diversamente dalle altre Banche Centrali e dalla stessa Federal Reserve, la BCE non ha tra i suoi obiettivi la crescita economica e la piena occupazione, ma esclusivamente il controllo dell’inflazione, a perenne salvaguardia della finanza privata di cui è espressione. Questo non lo dico io, lo dice Alberto Bradanini, ex ambasciatore italiano in Iran e Cina. Su Draghi, poi, è un po’ come sparare sulla Croce Rossa: tra il 1984 e il 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale a Washington, e vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa dal 2002 al 2005. Sì, è un uomo del grande fratello statunitense, incontrovertibilmente.
Nell’Italia schizofrenica sta per tornare la leva obbligatoria, dopo aver cercato di mandare al fronte i migranti col premio del permesso di soggiorno: ci si attrezza per la guerra?
La domanda, piuttosto, è: ma davvero gli italiani, checché ne dica il loro governo, sono pronti a vedere tornare i loro ragazzi in bare di zinco? Perché è di questo che stiamo parlando.
Mondo liquido, tutti si mettono in discussione, si riscrivono alleanze, interessi, scambi: solo l’Italia è immobile. Potrebbe approcciarsi ai Brics?
Questo mi pare piuttosto un “desiderata”, e ovviamente, dal mio punto di vista personale, auspicabile, ma del tutto improbabile, finché l’opinione pubblica si lascerà imbambolare dalla sospettosità imposta dal mainstream mediatico e dal Deep State statunitense contro i cinesi e i russi.
In genere si rasenta il razzismo. D’altronde, da sempre, a chi mi accusa di essere pessimista, rispondo di essere un ottimista molto bene informato, e dunque un realista.
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