La Camera preliminare I della Corte penale internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra. I crimini contestati si sarebbero verificati a partire dall’8 ottobre 2023 fino al 20 maggio 2024, data in cui la Procura ha ufficialmente richiesto i mandati.
Secondo il comunicato della Corte, i due esponenti israeliani sarebbero responsabili di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza, in un contesto di intensificati conflitti nella regione.
Reazioni internazionali
La decisione della CPI ha scatenato una reazione immediata da parte degli Stati Uniti, che hanno respinto categoricamente l’azione della Corte. Un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha affermato che gli Stati Uniti non riconoscono la giurisdizione della CPI nei confronti di Israele, che non è membro dello Statuto di Roma.
Dall’altro lato, l’Unione Europea, attraverso l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, ha dichiarato che i mandati sono vincolanti e devono essere rispettati dai membri dell’UE, che sono obbligati a garantirne l’applicazione.
Nuovi raid in Siria
Mentre la pressione diplomatica su Israele cresce, proseguono le operazioni militari nel Medio Oriente. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, ha riportato che almeno 79 combattenti filoiraniani sono stati uccisi ieri in un raid attribuito all’aviazione israeliana. Gli attacchi hanno colpito la città di Palmira, in Siria, prendendo di mira milizie filoiraniane composte da siriani, iracheni e libanesi.
Tra i 79 morti, 53 erano combattenti siriani di milizie filoiraniane, mentre gli altri provenivano da Iraq e Libano. Questi raid rappresentano un’ulteriore escalation nel contesto di tensioni regionali, aggravate dal confronto diretto tra Israele e le forze sostenute dall’Iran.
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