G7 in Canada: guerra Israele-Iran sconvolge l’agenda. Trump al centro della scena

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Kananaskis (Canada), 15 giugno 2025 – Si apre oggi, nel suggestivo scenario delle Montagne Rocciose canadesi, il vertice del G7 che durerà fino al 17 giugno, ma già nella giornata inaugurale l’agenda subisce un forte scossone: la guerra esplosa tra Israele e Iran irrompe tra i dossier dei leader, balzando al primo posto tra le priorità. Un altro fronte di tensione geopolitica si aggiunge a quelli già in corso, dall’Ucraina alla crisi di Gaza, in un contesto internazionale sempre più complesso.

L’incognita Trump

Il ritorno alla ribalta del presidente americano Donald Trump, dopo la sua rielezione, complica ulteriormente il quadro. Le sue dichiarazioni ambigue e i segnali contraddittori sulla crisi in Medio Oriente preoccupano le cancellerie degli altri sei leader, tanto da far circolare tra i diplomatici il timore di un “G6 contro Trump”, come ha titolato Politico. L’Europa, in particolare, appare compatta nel voler spingere il presidente americano a chiarire la sua posizione, in un momento in cui si cerca una de-escalation e un’iniziativa diplomatica che non venga lasciata nelle mani di Vladimir Putin.

In questa cornice si inserisce anche il gesto simbolico del presidente francese Emmanuel Macron, che alla vigilia del vertice ha visitato la Groenlandia, rilanciando un messaggio di unità europea in contrapposizione alle mire geopolitiche del tycoon statunitense.

L’agenda fitta del presidente USA

Trump è atterrato in Canada poche ore fa. Ha iniziato la giornata con un incontro alle ore 9 locali (le 17 italiane) con il padrone di casa, il premier canadese Mark Carney. Nelle prossime ore, parteciperà a diversi bilaterali, tra cui uno atteso con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, previsto per domani, e un altro con la neoeletta presidente del Messico, Claudia Sheinbaum.

Il presidente americano è accompagnato da una nutrita delegazione composta, tra gli altri, dal segretario di Stato Marco Rubio, dal segretario al Tesoro Scott Bessent, dal rappresentante per il Commercio Jamieson Greer, dai consiglieri economici Kevin Hassett e Stephen Miller, oltre alla chief of staff Susie Wiles e alla portavoce Karoline Leavitt.

Meloni ponte tra Trump e l’Europa?

Un ruolo chiave potrebbe giocarlo la premier italiana Giorgia Meloni, considerata la più vicina politicamente a Trump tra i leader europei. Meloni si sta muovendo per favorire una linea condivisa sul Medio Oriente, tentando di smussare le divergenze interne e rafforzare il coordinamento tra i Paesi del G7.

Nel frattempo, gli sherpa dei vari Paesi lavorano a una bozza di comunicato congiunto, ma le differenze restano profonde, specie sull’invocazione del presidente israeliano Isaac Herzog, che ha chiesto ai leader occidentali di unirsi a Israele nel contrasto alle ambizioni nucleari iraniane.

Tra dazi, Ucraina e tensioni energetiche

Al centro delle discussioni anche la questione dei dazi commerciali. La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha rivelato di aver avuto una “ottima telefonata” con Trump, nella quale si è parlato di un possibile accordo entro il 9 luglio. Ma la conversazione ha toccato anche temi cruciali come la situazione in Ucraina, la crisi energetica globale e la necessità di un maggiore coordinamento tra le economie occidentali.

Von der Leyen ha in programma una conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio europeo per ribadire la posizione dell’Unione su Russia, Medio Oriente e commercio, ma il percorso resta accidentato.

Zelensky atteso in Alberta

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atteso martedì 17 giugno in Alberta. Incontrerà Trump in un bilaterale delicatissimo, mentre il sostegno occidentale a Kiev comincia a mostrare crepe proprio all’interno del G7. Per Zelensky, questo vertice rappresenta un nuovo test di tenuta diplomatica e di capacità di persuasione.


Il G7 di Kananaskis si preannuncia dunque più come un mosaico di incontri bilaterali che come una vera tavola rotonda. In un mondo segnato da guerre multiple, rivalità strategiche e tensioni interne, la sfida sarà quella di trovare un minimo comune denominatore tra le sette maggiori potenze democratiche del pianeta.

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