Mattarella: "L’Ue non è un comitato d’affari"

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“Nessuno dei padri fondatori negò mai che il percorso di integrazione potesse essere faticoso e, anzi, uno dei fondatori, lo stesso Jean Monnet, teorizzò come il progredire della costruzione europea fosse legato proprio alla sua capacità di superare le crisi. Se è questo lo spirito, allora è dirimente un chiarimento introspettivo sulla direzione di marcia che i popoli europei intendono percorrere: il Trattato di Lisbona, nel suo preambolo, pone esplicitamente l’obiettivo di ‘creare una Unione sempre più stretta tra i popoli d’Europa’, le cui decisioni ‘vengano assunte il più vicino possibile ai cittadini, secondo il principio di sussidiarietà’” ha dichiarato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento all’Università di Lund sul tema ‘Svezia, Italia, Europa: insieme per il futuro’ “Non siamo, cioè, una semplice unione doganale, non siamo una sorta di comitato d’affari. Siamo, anche considerando soltanto un approccio economico-commerciale, assai di più: un mercato unico, uno spazio economico con responsabilità da potenza globale, che si riverbera su molteplici aspetti, strettamente collegato alla libera circolazione delle persone. Dalla crescita sostenibile al modello sociale, alla redistribuzione internazionale delle risorse, alla garanzia di poter esercitare queste libertà in una cornice di sicurezza e stabilità. La crisi economico-finanziaria ha caratterizzato il decennio trascorso, con pesanti riflessi sulle popolazioni. Ad essa si è sovrapposta un’ondata migratoria verso l’Europa di dimensioni notevolissime, mentre, all’interno dell’Unione, il Regno Unito decideva di abbandonare il percorso di integrazione. Diversità di sensibilità, accentuatisi tra i membri dell’Unione, hanno visto emergere sentimenti di lontananza dei cittadini europei rispetto alle istituzioni comunitarie. Lontananza per la quale il disegno europeo, con il suo significato, le sue Istituzioni, le sue politiche, le sue regole e procedure, viene talvolta percepito da una parte dei cittadini europei come estraneo se non avverso e, al più, come una sorta di fiera delle opportunità alla quale attingere secondo spicciole, singole convenienze, senza né anima né scopo. Una linea di pensiero di corto respiro e che non riesce a considerare con attenzione non tanto ciò che abbiamo di fronte in un momento di crisi, quanto, piuttosto – ed è molto – ciò che è stato realizzato e viene oggi dato quasi per scontato, per acquisito una volta per sempre. Insieme all’esercizio di memoria, occorre dunque lavorare, ogni giorno, affinché trovi concreta applicazione la formula dell’Europa dei cittadini”.

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