La reticenza di Mueller e l’immunità di Trump

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di DOMENICO MACERI* – “Poi, ho un Articolo II, dove io ho il diritto di fare qualunque cosa che voglio come presidente”. Così Donald Trump in un recente discorso a un convegno di giovani repubblicani tenutosi a Washington. Non sorprende il linguaggio sgrammaticato di Trump e nemmeno il contenuto che dà un’impressione lontana dalla realtà obiettiva. L’articolo II della costituzione conferisce al presidente il potere esecutivo ma non la libertà di fare quello che vuole senza nessuna conseguenza. L’articolo include anche i contrappesi del potere legislativo a quello dell’esecutivo, incluso il potere dell’impeachment.

In uno strano senso però, Robert Mueller, il procuratore speciale sul Russiagate, adesso cittadino privato, ha accettato la completa libertà di azione del presidente nel suo rapporto e nella sua recente deposizione alla Camera. Mueller ha spiegato che sul tema della possibile colpevolezza del presidente bisognava “andare avanti solo dopo di avere preso in considerazione l’opinione dell’Office of Legal Counsel (OLC)”. L’OLC, come va ricordato, è il gruppo che consiglia il presidente e il ministro di Giustizia su questioni legali. Il gruppo sostiene che un “presidente in carica non può essere incriminato”.

Il presupposto di Mueller sull’immunità del presidente non dipende dunque dalla costituzione ma da un’interpretazione del ministero di Giustizia messa a punto da due memorandum dell’OLC. Il primo di questi risale al 1973 e il secondo al 2000 durante le amministrazioni di Richard Nixon e Bill Clinton rispettivamente. Ambedue opinioni sono state preparate con forti pressioni di questi due presidenti i quali erano alle prese con la possibilità di subire l’impeachment. Nixon si dimise prima di sottoporsi alla possibilità di impeachment mentre Clinton fu condannato dalla Camera ma poi alla fine assolto dal Senato.

L’OLC fa parte del ministero di Giustizia i cui vertici vengono nominati dal presidente e devono agire in maniera obiettiva rispettando la costituzione e tutte le leggi anche quando queste possono essere in conflitto con i desideri e le esigenze politiche dell’inquilino alla Casa Bianca. Ciononostante il presidente può esercitare pressione indiretta ma a volte anche diretta a suo beneficio come sarebbe facile supporre. I due memo sull’impossibilità di incriminare il presidente in carica ce lo suggeriscono. Ambedue sostengono che un’incriminazione del presidente gli renderebbe quasi impossibile di esercitare il suo vitale ruolo in tutte le sue funzioni costituzionali. Il memorandum del 1973 emerse da un’investigazione sulla condotta dell’allora vice presidente Spiro Agnew. In quel caso l’opinione dell’OLC concluse che il vice presidente potrebbe essere incriminato ma non il presidente Nixon. L’immunità del presidente fu però sfidata e la Corte Suprema decise che il presidente non possedeva immunità che lo esentasse dal testimoniare in un gran giurì. In un’altra decisione della Corte Suprema nel periodo del secondo memorandum la Corte Suprema determinò che il presidente Clinton non aveva immunità su una denuncia civile nel caso di Paula Jones per possibili reati commessi prima di divenire presidente.

In effetti, nei rarissimi casi in cui l’immunità del presidente è stata sfidata, l’esecutivo non ne è uscito molto bene. Sorprende dunque la timidezza di Mueller di avere iniziato le sue indagini partendo dal principio che Trump non potesse essere incriminato. Questo ci spiegherebbe la reticenza di Mueller di insistere che Trump si presentasse in persona a testimoniare per le sue indagini, decidendo di permettere l’uso di risposte scritte, preparate con l’assistenza di avvocati. Mueller ha però spiegato che queste risposte scritte non sono state soddisfacenti. L’ex procuratore speciale ha anche chiarito che insistere sull’interrogatorio in persona di Trump avrebbe preso troppo tempo poiché sarebbe stato sfidato legalmente e le procedure avrebbero rallentato le indagini, mettendo in pericolo la realizzazione del suo lavoro.

Mueller ha spiegato che il presidente potrebbe essere incriminato una volta conclusosi il suo mandato. Su questo punto però ci sarebbe da affrontare il termine di prescrizione (5 anni) che scadrebbe per la decina di possibili atti di ostruzione alla giustizia inclusi nel suo rapporto. Nella deposizione alla Camera i democratici speravano che Mueller fornisse loro la pistola fumante per incastrare Trump. Come si prevedeva, nulla di ciò è avvenuto poiché Mueller ha mantenuto la sua reticenza, limitando le sue risposte ai contenuti del suo rapporto scritto. Ha chiarito però che se lui non ha incriminato Trump non lo ha nemmeno scagionato come l’attuale inquilino della Casa Bianca continua a ripetere falsamente. Mueller, in effetti, ha suggerito che il presidente può essere giudicato dalla Camera con l’impeachment e alla fine condannato dal Senato. Al momento di scrivere, 119 parlamentari, la maggioranza del caucus democratico, hanno dichiarato il loro supporto per aprire un’inchiesta di impeachment, l’unico percorso per determinare la possibile colpevolezza di Trump.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.


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