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di BEATRICE GALLUZZO – Dopo la proroga concessa il 30 giugno dai medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, i quali avevano concesso qualche giorno in più ai genitori del piccolo Charlie prima di staccare i macchinari che consentono al bambino di sopravvivere, queste erano davvero le ore conclusive di questa vicenda drammatica. La svolta però, è arrivata ieri, inaspettata. I medici dell’ospedale pediatrico dove il piccolo di dieci mesi è ricoverato a causa di una malattia rarissima e incurabile, la sindrome da deplezione mitocondriale, si sono rivolti all’Alta Corte del Regno Unitoaffinchè il caso venga rivalutato alla luce dei più recenti accadimenti.
Nella lettera mandata alla Corte e firmata da sette medici si legge infatti “due ospedali internazionali- uno di questi è il Bambin Gesù di Roma- e i loro ricercatori ci hanno comunicato, proprio in queste ultime 24 ore, di avere nuove prove circa il trattamento sperimentale che ci avevano proposto”.Qualche riga più sotto, si dichiara “Noi crediamo, in comune con i genitori di Charlie, che sia giusto esplorare questa possibilità”.
La terapia proposta all’ospedale londinese attraverso una missiva su carta intestata dell’ospedale romano, è una cura sperimentale ancora in attesa di pubblicazione, ed è a base di deossinucleosidi. I ricercatori firmatari del protocollo sostengono che queste molecole possano superare la barriera emato-encefalica e agire sull’encefalopatia che ha colpito il bambino, il quale è incapace di vedere, di sentire e di respirare autonomamente. I medici del dipartimento di neuroscienze del Bambin Gesù hanno ammesso che la cura non è stata ancora testata su dei pazienti nelle stesse condizioni di Charlie, ma le tempistiche altamente ristrette che la situazione del bambino impone, non lasciano tempo per ulteriori sperimentazioni.
In ogni caso bisogna aspettare il responso della Corte, la quale nell’ultima sentenza aveva proibito che il piccolo potesse essere sottoposto a una cura sperimentale negli Stati Uniti, perchè i margini si successo della terapia non giustificavano un viaggio così lungo, che avrebbe sottoposto a nuove e inutili sofferenze il corpicino di Charlie, sfiancato già da sette mesi di dura malattia.
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