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di VITTORIO POLITO – Le persone cosiddette “anziane” non devono rassegnarsi alla mentalità dell’ineluttabile declino, del “c’è ben poco da fare” o del “tiriamo avanti”. Con un diverso atteggiamento culturale in generale, un impegno nella speranza cristiana o in attività sociali organizzate, si può tentare, o per lo meno incominciare, a cambiare qualcosa, cercando di aiutare il prossimo a capire quali sono le autentiche qualità della vita coinvolgendo attivamente gli anziani. Non va dimenticato che anziano non significa necessariamente vecchio e inservibile. L’anziano può essere una persona di età avanzata in senso assoluto o in relazione ad altri. Insomma si può essere anziani anche a 40 anni se in relazione ad altri soggetti più giovani.
Qualche secolo fa le persone avanti con gli anni facevano parte del Consiglio degli Anziani, una sorta di Magistratura che presso il Comune assisteva il Podestà o il Capitano del popolo nel Governo.
Secondo Giovanni Paolo II, le persone anziane non devono sentirsi elementi passivi, ma soggetti attivi in un periodo umanamente e spiritualmente fecondo della vita umana. Infatti, hanno ancora una missione da compiere, un contributo da dare. Secondo il progetto divino, ogni singolo essere umano è una vita in crescita, dalla pura scintilla dell’esistenza fino all’ultimo respiro.
È fuor di dubbio che la società attuale tende a premere psicologicamente sui suoi componenti, condizionando gli stessi atteggiamenti valutativi, anche quelli di coloro, come gli anziani ed i malati, che nella diffusione della cultura e dell’efficienza sono piuttosto vittime che partecipi beneficiari.
L’etica cristiana impone di non considerare gli anziani solo valenze biologiche negative, ma stimola a contribuire a rendere attiva la terza età, con l’obiettivo di aggiungere anni alla vita e vita agli anni. Proprio come tentano di fare alcune associazioni di volontariato che organizzano attività varie con gli anziani ed a favore degli stessi.
La vecchiaia, secondo lo scrittore Fortunato Pasqualino (1923-2008), «È l’età dell’uomo più impegnativa spiritualmente, ricca di quei grandi distacchi che non si hanno se non nell’infanzia. È una fanciullezza elevata a un certo potere di veggenza spirituale». Invecchiare attivamente significa far tesoro delle esperienze vissute, ma vivere anche radicati al presente per cogliere le novità di ogni giorno. Interessarsi agli altri, vedere come aiutarli, per quanto è possibile, esercitare attivamente il “ruolo” insostituibile dei nonni. Così facendo non si avrà il tempo di pensare ai propri acciacchi che diventeranno più leggeri e si svolgerà anche un ruolo importante trasmettendo alle nuove generazioni la “memoria collettiva”, cioè costumi, tradizioni, folclore, dialetto, antichi mestieri, abitudini alimentari, artigianato locale, aspetti ambientali e urbanistici, tutte nozioni che se perdute arrecherebbero un impoverimento culturale alla società. Benvenute anche le iniziative di volontariato con la creazione di gruppi di “anziani per gli anziani”.
Una ricerca americana condotta su 132 mila persone fra i 21 e i 60 anni ha dimostrato che fino a 30 anni cresce la consapevolezza dei valori e rende l’individuo disciplinato. Fino a 40 anni l’obiettivo è quello di piacere agli altri, perciò si diventa disponibili. E andando avanti negli anni migliora il carattere in termini di generosità, sensibilità, apertura mentale. «La vecchiaia si può perciò davvero definire l’età della saggezza», hanno ufficialmente concluso i ricercatori. Erano gli unici a non saperlo. Il resto del mondo ne era già a conoscenza, seppure in maniera empirica. Pertanto, fin che c’è vita, c’è buon umore.
Ma quali possono essere gli ausili per gli anziani per migliorare la qualità della vita? Tenterò di dare qualche suggerimento.
Innanzitutto l’udito, infatti la riduzione di questa capacità, isola inesorabilmente il soggetto dalla vita sociale. Rivolgersi subito allo specialista audiologo o otorinolaringoiatra, che aiuterà certamente a migliorare questa funzione. Ottimizzare la capacità della memoria tenendola costantemente in allenamento, interessandosi degli avvenimenti quotidiani, leggere giornali e riviste e commentarli con i propri familiari. Non esistono al momento farmaci miracolosi per la memoria.
Una lunga passeggiata quotidiana porta almeno sette vantaggi alla nostra salute: attenua lo stress e diminuisce l’ansia, aiuta a non aumentare di peso, favorisce la circolazione del sangue agli arti inferiori e la diminuzione del colesterolo, facilita il lavoro del cuore, diminuisce la fragilità ossea, cioè l’osteoporosi, e favorisce il mantenimento dei valori normali della pressione arteriosa.
La cosa più importante da fare? Quella di non isolarsi e partecipare attivamente alla vita sociale, bisogna stare il più possibile con gli altri, prendere parte a giochi, gite, iniziative parrocchiali o sociali che organizzano molte attività. Insomma, stare il più possibile attivamente insieme agli altri, poiché solo così facendo si potrà vivere una vecchiaia serena e certamente accettabile.
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