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“L’Italia era andata per suonare il piffero ed è tornata suonata. Se si è trovato un accordo minimale e fragilissimo lo si deve all’opposto delle alleanze in campo, per iniziativa degli odiatissimi francesi mentre l’amatissimo gruppo di Visegrad ha messo all’angolo il nostro Paese. E d’altronde non poteva essere diversamente. Se la tua impostazione è nazional-populista ti scontri con gli interessi di altri Paesi, inconciliabili tra loro, confini contro confini. L’Italia era andata per chiedere maggiore condivisione ed è tornata abdicando totalmente a questa richiesta, scambiando l’obbligatorietà con la volontarietà. In un momento di particolare difficoltà avevamo chiesto come solidarietà ai Paesi di primo approdo, Italia e Grecia, il ricollocamento obbligatorio di quote di persone negli altri stati membri e ci sono stati Paesi che si sono sistematicamente sottratti. Oggi, con il passaggio dall’obbligatorietà alla volontarietà, questi stessi Paesi gioiscono. E poi, se l’Europa affronta un tema cruciale come questo con una coalizione di ‘volenterosi’ c’è qualcosa che non funziona. Non è un aspetto marginale, è l’aspetto fondamentale. Il punto cruciale è il tema del rapporto con l’Africa per i prossimi 20 anni, i destini di questi due continenti si incrociano. Oggi si è abdicato ad una visione di carattere strategico. Si è ceduto su una questione di principio mentre rimangono obbligatorie le procedure di respingimento per i cosiddetti movimenti secondari che tanto stanno a cuore alla Germania, all’Austria, al gruppo di Visegrad”.
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