Cassius Clay è tornato

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di WALTER CANNELLONI – ROMA. Legal- movie prodotto dalla HBO e diretto dal grande regista inglese Stephen Frears.
Il film si apre con la conquista del titolo mondiale dei pesi massimi di Cassius Clay che, a soli ventidue anni, batte il galeotto Sonny Liston per k.o., come aveva predetto.
Dopo l’incontro, Cassius Clay dichiara di essere musulmano e seguace dell’Islam e di voler cambiare il nome datogli dai dominatori bianchi, in Muhammad Alì, un nome da nero libero.
Nel 1967 il pugile si rifiuta di arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti per combattere in Vietnam (“Non ho nulla contro i vietcong, i vietcong non mi hanno mai chiamato negro, questa è una guerra d’aggressione”) e viene condannato a cinque anni di reclusione, con la condizionale, e al pagamento di un’ingente multa di diecimila dollari. In più, gli viene revocata la licenza di pugile e tolto a tavolino il titolo mondiale dei pesi massimi.
La pellicola si sposta ora a Washington nel 1970, alla Corte Suprema. Qui, un giovane, geniale avvocato di idee liberali e democratiche, Kevin Connolly, proveniente dall’Università del Missouri
(cosa atipica) viene assunto nel massimo organo giurisdizionale statunitense.
Sarà al servizio del giudice John Marshall Harlan, buon repubblicano, già in là con gli anni, che ha un tumore alle vertebre inferiori della spina dorsale, che sta per andare in pensione e che ama circondarsi di assistenti brillanti e preparatissimi.
Nel frattempo, il “caso Muhammad Alì” è approdato in appello alla Corte Suprema: i legali del pugile intendono cancellare il primo giudizio di condanna facendosi riconoscere lo status di obiettore di coscienza, protetto dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
La mobilitazione per Alì è fortissima in tutto il Paese: i giudici della Corte Suprema concedono l’udienza, non senza spaccature interne, ai difensori di Muhammad ma, al momento di votare, decidono per la conferma della condanna con cinque voti a tre.
Alì, che rischia di finire in carcere, ha intanto ripreso a combattere con una deroga accordata dallo Stato della Georgia e batte Quarry e Bonavena per poi perdere, per la prima volta nella sua carriera, nel primo incontro con Joe “Smoking” Frazier.
Sembrerebbe che il destino gli abbia riservato due sconfitte cocenti, nelle aule dei tribunali e sul ring. Di redigere la relazione finale sul caso Mohammad Alì, il giudice Harlan incarica proprio Kevin Connolly, il giovane avvocato “liberal” che è contrario alla sentenza, e che trova un favorevole precedente del 1955 in un caso analogo contro dei Testimoni di Geova renitenti alla leva.
Il giudice John Harlan, da integerrimo e obiettivo uomo di legge, si lascia convincere dalle argomentazioni giuridiche di Connolly e, clamorosamente, decide di cambiare il proprio voto.
Ora l’equilibrio è sul quattro a quattro, e i giudici più illuminati, con una strenua opera di convincimento personale, ed escogitando un cavillo tecnico che permetterebbe alla Corte di non creare un precedente, portano tutti dalla propria parte.
A quel punto, anche il Primo Giudice, Warren Burger, per non essere tacciato di razzismo e di collusioni col potere politico, si schiera per l’assoluzione di Alì.
Otto a zero è il risultato finale della discussione, e all’unanimità il nero e musulmano Mohammad Alì viene ritenuto un uomo libero. Il pugile afro-americano, da grande uomo qual è, non serberà rancore a quanti l’hanno allontanato per tanto tempo dal mondo della boxe e nel 1974, a Kinshasa, nello Zaire, riconquisterà la corona dei pesi massimi battendo per k.o. George Foreman.
Pamphlet politico sul valore dell’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo, metà inchiesta giudiziaria e metà documentario sportivo, la pellicola è un vibrante omaggio ai grandi valori della libertà negli Stati Uniti e nel mondo.
La figura del giudice repubblicano John Harlan che, per rispettare la propria coscienza e pur sapendo di andare contro i “desiderata” politici del suo Partito e del suo Presidente Richard Nixon votando l’assoluzione di Alì, si staglia potente su tutto il film, grazie all’interpretazione magnifica di Christopher Plummer, e il suo personaggio sconfigge anche la superficialità e l’ottusità del Primo Giudice Warren Burger (un altrettanto splendido Frank Langella) in nome di una Giustizia alta e imparziale.
L’assoluzione di Mohammad Alì divenne così, come recita un saggio proverbio africano, “un primo passo per compiere un lungo cammino” verso l’uguaglianza e un mondo migliore.
E, in questi tempi di toghe corrotte e di attacchi alla magistratura, il film ha un valore profetico per quanti credono ancora in una Giustizia equidistante e al di sopra delle parti in causa.

In programmazione giovedì 27 giugno alle ore 19.15 su Sky Cinema Drama.

Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: Shawn Slovo
Fotografia: Jim Denault
Interpreti: Christopher Plummer, Frank Langella, Benjamin Walker, Danny Glover, Barry Levinson



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