La Corte Suprema sorride a Trump: meno rifugiati in America

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di DOMENICO MACERI* – “Ancora una volta il potere esecutivo ha creato una legge che rovescia pratiche esistenti di lunga data per i rifugiati che cercano di sfuggire alle persecuzioni”. Così ha reagito nel suo dissenso la giudice Sonia Sotomayor sulla nuova normativa sui rifugiati, proposta dall’amministrazione di Donald Trump e approvata temporaneamente dalla Corte Suprema. Le nuove regole renderebbero le richieste di asilo molto più difficili sovvertendo il Refugee Act (Legge sui Rifugiati) del 1980. In sintesi, le richieste di asilo dovrebbero essere presentate prima in Paesi terzi e poi, in caso di rifiuti, procedere con la richiesta per gli Stati Uniti.

La nuova normativa mira principalmente a costringere i rifugiati dell’America Centrale a richiedere asilo in Messico, fermandoli in quel Paese, impedendogli di arrivare negli Stati Uniti. In effetti, Trump creerebbe un cuscinetto per ridurre il numero di rifugiati che negli ultimi tempi sono diventati numerosissimi a causa della violenza e instabilità in America Centrale.

Si sa già dalla sua campagna elettorale che Trump vuole limitare l’immigrazione e in particolar modo quella non autorizzata. La sua idea di costruzione del muro al confine col Messico è stata il suo cavallo di battaglia. Va ricordata la promessa di Trump che costruirà il muro e che sarà il Messico a pagarlo. Non si è verificato, ovviamente. Ciononostante il 45esimo presidente ha cercato di usare una parte dei fondi stanziati per la difesa per la costruzione di parti del muro. Ma Trump ha anche abusato il sistema giudiziario e specialmente la Corte Suprema per farsi dare una mano nei suoi sforzi di limitare l’immigrazione.

Infatti, la giudice Sotomayor ha ricalcato nel suo dissenso l’uso eccessivo di emergenze da parte di Trump per andare direttamente alla Corte Suprema invece di procedere passo a passo iniziando dai tribunali inferiori. Il presidente ha il potere di richiedere giudizi alla Corte Suprema in maniera rapidissima ma l’attuale inquilino della Casa Bianca ha esagerato questo diritto. La giudice Sotomayor cita infatti nel suo dissenso uno studio di Stephen Vladeck, docente di legge alla University of Texas, secondo il quale Trump ha cercato “assistenza dalla Corte Suprema per cause di emergenze o straordinarie con una frequenza senza precedenti”.

Trump sa benissimo che in questioni giudiziarie avrà più possibilità di vittoria con la Corte Suprema invece delle Corti inferiori. Va ricordato che due dei giudici alla Corte Suprema sono stati nominati proprio da Trump (Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh). Questi si aggiungono a Clarence Thomas, Samuel Alito, e John Roberts per formare una maggioranza conservativa, anche se di tanto in tanto Roberts si schiera con i giudici liberal. Subito dopo l’ultimissima decisione il 45esimo presidente ha mandato un tweet in cui mostrava il suo gradimento dichiarando “una grande vittoria”. Non si tratta di una vittoria definitiva poiché la decisione permette temporaneamente la messa in pratica della nuova normativa fino a quando la Corte potrà esaminarla a fondo.

Le Corti di Appello avevano offerto decisioni contraddittorie sulla nuova normativa. Il giudice Timothy J. Kelly (nominato da Trump) della Corte di Appello del Distretto di Washington aveva giudicato in favore del presidente. Quello stesso giorno però, il giudice Jon S. Tigar (nominato da Barack Obama) della Corte di Appello del Distretto di San Francisco aveva bloccato la normativa, sostenendo che era stata messa in pratica senza le procedure legali e politiche tradizionali. Trump non aveva consultato la legislatura né aveva informato il pubblico come richiede la tradizione. Concetti ripresi e citati anche da Sotomayor nel suo dissenso al quale ha anche partecipato la collega Ruth Bader Ginsburg. Tigar aveva ordinato che il ministero di Giustizia continui ad accettare le richieste di asilo senza considerazione di Paesi Terzi, obbedendo la legge del 1980. Tipicamente i giudizi delle Corti di Appello si applicano al distretto rappresentato dal giudice. In questo caso, però, Tigar aveva detto che la sua ingiunzione è valida per tutto il Paese per evitare al governo “problemi amministrativi” ma anche perché l’immigrazione rappresenta una questione nazionale.

Trump, come spesso fa, aveva attaccato Tigar al livello personale dicendo che si tratta di un “giudice di Obama” beccandosi il rimprovero di John Roberts, il Presidente della Corte Suprema. Roberts ha dichiarato che non esistono “giudici di Obama, di Bush, di Clinton” poiché sono tutti indipendenti e non sono influenzati da chi li ha nominati. Roberts ha ovviamente ragione anche se spesso si crede che l’influenza del presidente che ha nominato i giudici diverrà palese nelle loro decisioni.

La decisione sulla nuova normativa sarà temporanea fino a quando la Corte Suprema deciderà il caso in maniera completa. Saranno esclusi dalla nuove regole coloro che hanno fatto richiesta di asilo prima del 26 luglio 2019.

La nuova normativa sui rifugiati apporterebbe ordine al caos che Trump vede al confine col Messico. Avrebbe un effetto negativo sul vicino del sud poiché il Messico non è in grado di gestire un numero molto alto di rifugiati. Allo stesso tempo le aumentate difficoltà di richiedere asilo aumenterebbero l’illegalità poiché il crimine organizzato amplierebbe le sue attività con la prospettiva di nuovi ed ingenti guadagni.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.

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