di NICOLA ZUCCARO – E’ il mattino del 9 novembre 1989 quando l’Europa si svegliò con le immagini televisive che entrarono di diritto nella storia contemporanea unitamente ai flash che immortalavano i colpi di piccone coi quali iniziò l’abbattimento del Muro di Berlino da parte dei berlinesi orientali. Essi sfogarono con rabbiosa operosità l’amarezza per una separazione da parenti e amici residenti nella Zona Ovest della città, durata 28 anni e precisamente da quel drammatico quanto afoso 13 agosto 1961.
In quest’ultima data ebbe inizio un esodo rischioso con fughe terminate tragicamente perchè stroncate dal piombo delle guardie della Repubblica Democratica Tedesca e altre che sfuggirono fortunosamente alla sorveglianza degli stessi. Quel Muro, già pensato nel 1948 dagli ex alleati contro la Germania Nazista, evidenziò le sue crepe già il 18 ottobre 1989 con le dimissioni rassegnate da Erich Honecker.
L’improvvisa decisione dell’allora Capo di Stato e Segretario del Partito Comunista della Germania Orientale consentì a Egon Krenze di poter annunciare la “Wende”, ovvero la svolta per l’abbattimento del simbolo per eccellenza della Guerra Fredda. Krenze, quale nuovo presidente del Consiglio di Stato della DDR (un incarico fittizio e che si rivelò provvisorio per l’approssimarsi della caduta dello stesso Muro), assunse il ruolo di traghettatore verso la riunificazione della Germania, avvenuta il 3 ottobre 1990.
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