Pelosi-Fini: dallo champagne all’aceto…

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di BENNY MANOCCHIA – Dalla valigia dei ricordi esce fuori una reminiscenza del 1969, con piccoli accettabili vuoti. Gianfranco Fini era stato invitato da Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Deputati statunitense. Due politici molto importanti. Due italiani: lei abruzzese, lui bolognese. Lei comunista, lui fascista. Al Grand Hyatt di Manhattan, un dinner eccezionale. Fini accerchiato da giornalisti, dagli italiani che vivono a New York. Qualcuno lo saluta con il braccio teso in alto, altri dicono a piena voce “viva il duce”.

Lui fa cenno di no: “non si dice, non si dice!”. Nancy e Gianfranco siedono vicini, bicchieri di champagne uno dopo l ‘altro. In un certo modo fa sentire bene:  USA e Italia vanno sottobraccio. Ma e’ solo un  pensiero di un  istante, uno di quelli che vivono l’espace d’un matin. Gia’, perche’ poche ore prima, a Washington, Pelosi e Fini si erano incontrati e letteralmente rinchiusi in un ufficio. Quasi due ore… Nessuno poteva entrare, nessuno usciva. Si erano graffiati? Presi a pugni? Parolacce? Non si e’ mai saputo nulla.

Un breve comunicato disse: “Completo, sicuro accordo su tutto”. E che vuol dire? Che forse avevamo sbagliato a pensare tante cose maligne? Che forse Fini e Pelosi avevano deciso di unirsi in un unico partito, il comfas, per esempio; oppure fiamma e martello? Insomma un marfia… Qualche spiegazione arrivo’ più tardi. Salendo sull’areo per Roma, Fini si lascio’ scappare: “Tempo perduto, non cambieranno mai, poveri noi!”.

Dall’altra parte, tornata a San Francisco per un breve riposo, dopo l’incontro con “quell’italiano che non ha maniere. Ma, che volete. Vivono in un  mondo che non e’ piu’, povera Italia e poveri italiani!”. No comment: in  fondo i politici sono cosi’, dallo champagne all’aceto. Sempre sorridendo.

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