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Gli italiani in Ucraina: “Qui c’è paura, ma non possiamo andarcene”

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KIEV – La fila per prelevare ai bancomat, i locali chiusi, le code per uscire dalle città: abbiamo raccolto il racconto di alcuni connazionali nel Paese sotto attacco, che dicono: “La Farnesina ha fatto poco per aiutarci”. È una “situazione terribile” quella che descrive Roberto Marcuccio, originario di Ravenna e in Ucraina da quattro anni, dove vive con la moglie e il figlio. “Hanno bombardato anche qui a Mykolaiv”, città nel sud dell’Ucraina sul Mar Nero, “hanno colpito l’aeroporto”, racconta al telefono all’Adnkronos.

Un altro italiano racconta la paura a Kharkiv. “Siamo stati svegliati questa mattina verso le 5 dal rumore di scoppi distanti, che poi ho saputo essere il lancio di razzi da parte dei russi che sono entrati nel confine ucraino e hanno iniziato a colpire bersagli secondo loro importanti. Poi abbiamo udito uno scoppio distinto e più forte degli atri, forse esploso un deposito di carburante o di munizioni”. Lo racconta ad Adnkronos l’interprete romano Marco Cirulli, che da 15 anni vive a Kharkiv, a 30 chilometri dal confine russo.

“Mi hanno segnalato la presenza di colonnelle di carri armati poco fuori Kharkiv, dove c’è una diga di acqua potabile”, prosegue Cirulli, parlando di “macchine in città che vanno e vengono cercando una via di fuga che non c’è”. “In città è tutto chiuso e i pochi negozi rimasti aperti hanno lunghe file di persone che cercano di acquistare i beni all’ultimo minuto o di fare rifornimento di benzina. Io e mia moglie per fortuna abbiamo fatto scorta, qualche giorno possiamo resistere», spiega, affermando che «l’ambasciata italiana ci ha detto di restare in casa, di non uscire, e così facciamo». 

Chi invece dovrebbe scendere in piazza, secondo Cirulli, sono «gli italiani, le persone in Europa. Che dovrebbero mobilitarsi, mostrare solidarietà agli ucraini e fare pressione sui loro governanti. Perché non possono essere ammorbidite le sanzioni contro la Russia. Quella in atto è una aggressione armata per il puro piacere di conquistare territori e contro un Paese che non aveva alcuna intenzione di aggredire”.

“La maggior parte degli italiani che conosco sono rimasti qui perché qui, come me, hanno tutta la loro vita e i loro affetti. Speriamo solo che la situazione non peggiori” ha detto all’Ansa, Michele Lacentra di 52 anni, cuoco, che vive a Kiev da sei anni. “Ormai l’unico modo per andar via sono i mezzi privati. Attendiamo nuove indicazioni dalla Farnesina – prosegue – fino a ieri sera qui a Kiev era tutto tranquillo. Poi da stamattina presto c’è stata questa escalation. Adesso attendo indicazioni dall’ambasciata nel caso organizzi degli autobus per l’evacuazione evacuare ma senza mia moglie e sua figlia non tornerò in Italia”.

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