(hosnysalah/Pixabay) Una recente indagine dell’esercito israeliano ha rivelato che tre ostaggi, tenuti in cattività a Gaza, sono stati uccisi nonostante avessero innalzato un pezzo di stoffa bianca, segnale universalmente riconosciuto di resa. L’indagine ha rilevato una mancata osservanza delle regole d’ingaggio da parte delle truppe coinvolte, generando critiche e polemiche.
La situazione si è ulteriormente aggravata con la notizia della morte di Inbar Haiman, una giovane di 27 anni rapita durante un rave e successivamente imprigionata a Gaza. La sua morte ha scatenato la protesta dei familiari dei rapiti, che chiedono il termine delle ostilità e l’avvio di negoziati per risolvere la situazione.
Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, pur esprimendo dolore per la tragedia, ha annunciato che la guerra continuerà, puntando a una smilitarizzazione nel dopoguerra. Nel frattempo, a Oslo, si è tenuto un incontro delicato tra il Mossad e il Qatar, mentre nella parrocchia di Gaza, frequentemente chiamata dal Papa, si respira un clima di panico.
Ulteriori tensioni sono emerse con il rapporto del Patriarcato latino di Gerusalemme, secondo cui l’esercito israeliano avrebbe sparato uccidendo madre e figlia. La violenza continua a mietere vittime innocenti, e la comunità internazionale è in allarme.
In un tragico incidente, un agente diplomatico francese è morto a causa di un bombardamento a Gaza, sollevando interrogativi sulla sicurezza delle missioni diplomatiche nella regione.
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