Zelensky denuncia i raid su Kharkiv. Mosca: “Colloqui difficili, ma ci sono progressi”.
Washington/Mosca/Kyiv – 19 aprile 2025 – “Se una delle due parti si comporta da stupida, siamo pronti ad andarcene dal tavolo dei negoziati. Ma spero che non accada, vogliamo fare un accordo in Ucraina velocemente”. Sono parole forti quelle pronunciate dal presidente americano Donald Trump dalla Casa Bianca, mentre la tensione internazionale resta altissima sul dossier ucraino.
Trump ha commentato anche le dichiarazioni del segretario di Stato Marco Rubio, che ieri aveva affermato: “Non è la nostra guerra. Se non si sblocca la tregua, siamo pronti a voltare pagina”, facendo intendere che la pazienza di Washington nei confronti del conflitto stia per esaurirsi.
Intanto da Mosca arriva una timida apertura. Il Cremlino definisce i colloqui in corso “difficili”, ma riconosce che alcuni progressi sono stati fatti, lasciando intendere che una trattativa sia ancora possibile.
Ma sul terreno la guerra continua. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato i “raid del Venerdì Santo” lanciati da Putin sulla città di Kharkiv, dove sarebbero stati colpiti quartieri civili in pieno giorno. Le autorità locali parlano di diverse vittime e numerosi feriti.
Nel frattempo, Bloomberg ha rivelato che tra le opzioni proposte dagli Stati Uniti agli alleati nel quadro dei negoziati, ci sarebbe anche la possibilità di allentare alcune sanzioni contro Mosca in caso di un cessate il fuoco duraturo. Un punto controverso del piano includerebbe anche il riconoscimento della Crimea come parte della Federazione Russa, proposta che sta già facendo discutere tra i partner europei.
Sul fronte umanitario, arriva però un segnale positivo: oggi è previsto uno scambio di 500 prigionieri tra Russia e Ucraina, il più consistente dall’inizio del 2025. Un gesto che potrebbe rappresentare un passo concreto verso la de-escalation, pur in un quadro ancora altamente instabile.
In sintesi, la diplomazia prova a tenere aperto il dialogo, ma le divergenze restano profonde e il rischio che i negoziati si interrompano resta concreto. La posta in gioco, come ricordano le parole di Trump, è altissima.
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