A Istanbul prove di intesa Mosca-Kiev. Ucraina: anche il voto dei Paesi garanti sul piano

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(ph: Marko Subotin/Shutterstock) Tre ore di colloqui che sono stati definiti “costruttivi” dalla parte russa e che avrebbero gettato le basi per un faccia a faccia tra i due presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, secondo la delegazione ucraina, come annunciato dalla Financial Times oggi: il quotidiano aveva anticipato che Mosca non avrebbe più chiesto la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” dell’Ucraina e si sarebbe aperta a un accordo.

Una trattativa che ha portato a un primo annuncio concreto, la riduzione “radicale” delle attività militari russe nella regione di Kiev, confermata anche dalla parte americana. Una decisione per “accrescere la fiducia” tra le parti in vista di un accordo, come ha sottolineato la Difesa russa.

Nel frattempo sul fronte dei punti sui quali il dialogo è iniziato, davvero, e sui quali si andrà avanti, c’è sicuramente la neutralità dell’Ucraina, legata alle garanzie di sicurezza “incondizionata” per Kiev, ma che secondo Mosca non trovano applicazione in Crimea e Donbass. Temi su cui, ha spiegato il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, saranno gli ucraini a esprimersi in un referendum.

Da Mosca, ora, si attende il commento del presidente Putin, che sarà informato dalla delegazione, già di ritorno da Istanbul.

La Russia valuterà le proposte di Kiev che “saranno deferite a Putin”, ha spiegato il capo dei negoziati russo, Vladimir Medinsky.

Tra queste proposte, secondo quanto riportato dai negoziatori ucraini, “un sistema di garanzie di sicurezza”, che prevede diversi Paesi come garanti, tra cui Turchia, Polonia, Stati Uniti e Canada, ma c’è chi parla anche di Israele, Francia, Germania e Italia. In secondo luogo, lo status di neutralità dell’Ucraina, che prevede che non ci siano basi militari straniere sul suo territorio, che non si svolgono esercitazioni militari con eserciti stranieri sul territorio ucraino e terzo che Kiev non stringe alleanze come la NATO.

Il capo negoziatore ucraino David Arakhamia ha sottolineato che, in base all’accordo, i paesi garanti “non solo non devono negare all’Ucraina l’accesso all’Ue, ma devono anche aiutare su questo fronte”. Chiave, quella dell’adesione, sulla quale Mosca ha fatto sapere di non avere obiezioni.

Arakhamia ha aggiunto che “rimangono questioni irrisolte, come le parti occupate delle regioni di Donetsk e Lugansk”, Crimea e Sebastopoli. Un terzo membro della delegazione ucraina, Oleksandr Chalyi, ha sottolineato che negli accordi dovrebbe essere inclusa una clausola simile all’articolo 5 della NATO in caso di aggressione o “qualsiasi attacco militare o operazione militare”, sulla base della quale ci sono rapide consultazioni per un risposta ed eventuale “assistenza militare, armi” e una no-fly zone da parte dei paesi garanti.

Sulla questione del Donbass, le delegazioni di Mosca e Kiev hanno convenuto di discuterne separatamente: la delegazione ucraina ha proposto consultazioni di 15 anni sullo stato della penisola, in caso di accordo di cessate il fuoco.

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