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(ANSA/EPA) |
di MARIAGRAZIA DI RAIMONDO – Nella regione della Catalogna lo spirito indipendentista ha rapito buona parte della popolazione. Ne è un esempio Xavi, librario catalano, estraneo alle lotte secessioniste, ora in prima fila in piazza, a distribuire volantini con su scritto “votiamo per essere liberi”. A 24 ore dalla retata della Guardia Civil davanti al tribunale supremo catalano che hanno portato all’arresto di esponenti politici e della società “ribelle”, 7 delle 14 persone arrestate sono state scarcerate per sbollire gli animi.
È per il 1 ottobre la data fissata per il referendum, adesso ritenuto da molti “incerto”, e nessuno sa cosa succederà in questi 10 giorni. Lo stesso Oriol Junqueras, vicepresidente della Generalistat, ha dichiarato che il governo non è in grado di garantire il referendum, anche se Puigdemont ha pubblicato l’elenco dei collegi elettorali.
Junqueras ha denunciato la censura di Rajoy, l’ingiustizia di 10 milioni di schede elettorali sequestrate, l’impossibilità degli scrutatori e presidenti di formarsi per il boicottaggio delle poste, delle lettere e per l’incognita delle urne nascoste.
L’obiettivo degli indipendentisti resta quello di protestare in modo pacifico, come dicono i due movimenti della società civile, che si sono incaricati di incanalare le proteste in modo non violento, per evitare di dar modo al governo di Madrid di inasprire le misure repressive. Misure come quelle applicate nelle ultime ore dalla Guardia Civil e dei Mossos d’Esquadra, polizia regionale ritenuta alleata degli indipendentisti, che, però, ha dovuto eseguire gli ordini facendo sgombrare la piazza dai manifestanti che urlavano “vergogna”, sentendosi traditi. Nel frattempo, a Barcellona, si ipotizzano le elezioni anticipate cavalcando l’onda anti-spagnolismo.
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