Dean Martin: un timido adorato da milioni

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di BENNY MANOCCHIA – Una importante casa cinematografica di Hollywood sta lavorando per mettere assieme un film su Dean Martin. Mi ha rattristato il fatto che non hanno richiesto il mio “aiutino”, come dicono in quel mondo di “ino”. Diamine, molti della MGM sanno quanta amicizia c’e’ stata tra me e il  cantante. Me lo presento’ Sammy Davis junior durante un party nella villa di Peter Lawford. Mi annuncio’ cosi’: “Attenti a cosa dite o fate, questo signore  scrive, capite… raccontera’ tutto quanto fate”. Risero un po’ tutti. Tranne Martin, che si avvicino’ e spiego’ : “Sei fortunato che Sinatra non e’ qui stasera. Lui i giornalisti li mangia a colazione…”. E comincio’ così un rapporto di amicizia che duro’ anni. 

Sapevo che il suo vero nome era Dino Paolo Crocetti, che i suoi genitori provenivano dall’Abruzzo, esattamente da Montesilvano. Quasi subito mi racconto’ che a casa parlava in dialetto abruzzese e che comincio’ a masticare l’inglese nel primo anno di elementari. Ma quando comincio’ la sua passione per il canto? Non rispose subito. Accenno’ un sorriso e poi: “Volevo cantare, ecco tutto”. Sua madre lo sosteneva dicendogli “Di’, fa quelle che vu”. Il padre invece era di tutt’altro parere: ‘Ho parlato con Vincenzino, vai da lui e impara a fare il barbiere”. Dino ci ando’, ma torno’ subito a casa: “Pa’, je lu barbiere ne lo faccio. Io voglio canta’”. Canto’ ovunque lo fecero cantare: canzoni italiane, anzi napoletane. Qualcuno gli disse: sei bravo, dai che diventerai un famoso cantante. “Io ci credevo, ma solo a tratti. Poi la mia mente cambiava direzione ed entravo in crisi”. Chiamiamola pure cosi’.

C’erano momenti in cui ti parlava, ma era come se parlasse a se stesso. Tu non eri con  lui. Faceva quasi paura. Ma si riprendeva subito. Una volta mi chiese: “Che fai, mi fai parlare a vuoto, dove sei andato quando ti raccontavo quel fatto..?”. La verita’, cari lettori, che pochi sanno e’ questa: Dean Martin era timido. Capisco, e’ incredibile. Ma non e’ una timidezza scontrosa. Da ragazzo lo ha ammesso lui stesso, aveva paura di parlare. Poi e’ riuscito a creare la “maschera” di Dean Martin gran bevitore. Macche’, nel bicchiere c’era piu’ spesso te’ che wiskey. A Steubenville, nell’Ohio, dove viveva, aveva pochi amici. Con loro giocava a bocce, correva nei campi. Quando giunse l’eta’, una doppia ernia lo tenne distante dal servizio di leva.

Intanto a New York qualcuno aveva visto in lui la qualita’ di cantante. Pero’ negli anni Cinquanta,a Hollywood pure i gatti si facevano “ritoccare”. A Dean dissero: hai un naso come una proboscide; lo aggiustiamo un po’. A lui non dispiacque, suo padre gli disse: diventerai scemo come tutti i matti di quel paese. La sua carriera s’incendio’ in poco tempo. Si uni’ con il comico Jerry Lewis, che mandava avanti tutto lui. Dino era (ed e’ rimasto negli anni) un “layback”, cioe’ preferiva sdraiarsi, distendersi sulla sabbia, sul letto, ovunque gli era possibile. E lasciava fare. Qualche volta si comportava come un simpatico ragazzone, pur avendo spesso gli occhi puntati su una biondina. Alla quale, in qualche occasione, mostrava i suoi muscoli. E spiegava:”Vedi, sono stato un pugile, anche a scuola; che ne dici?”. 

La sua amicizia con Sinatra era sincera, ma qualche volta si lamentava cosi’: sti’ siciliani sono come gatti. Pronti a graffiarti.  Non mi ha mai spiegato quella frase. Sinatra gli voleva molto bene e lo spingeva a fare di piu’, dai che facciamo un tour, dai che il cinema ci vuole assieme. Ma Dino aveva momenti “freddi”, oserei dire glaciali. Gli chiesi una spiegazione, ma si difese cosi’: “Lascia stare, se insisti mi fai incazzare…”. Poi sorrideva e cercava di chiedermi scusa in abruzzese. Mi allontanai un  po’ da lui quando comincio’ a frequentare “seriamente” le ragazze. Per un solo motivo: perche’ mi imbarazzava il suo metodo strano, direi,  di “abbordare” le tante miss che lo assediavano. Comincio’ a fare film. Quando il giornale mi mandava in California per un servizio, lui era solito venire a prendermi all’aeroporto. Mi  faceva salire sulla sua auto privata e chiedeva all’autista di portarmi in albergo. “Senti,devo fare qualcosa di corsa. Vai tranquillo, ci vediamo dopo”.

Dei molti figli (maschi e femmine) avuti da tre mogli, Dino aveva una preferenza chiara come la luce del sole: Dino Paul jr. Lo seguiva da ragazzo quando jr formo’ una band con alcuni giovani di Hollyood. Lo spingeva a  studiare. Una volta sentii che gli diceva: non fare come me, io ho frequentato la scuola per dieci anni, poi mi sono messo a vendere canzoni, tu studia, capito? Junior si iscrisse a Medicina, ma intanto era stato preso dalla passione per il volo. Per due anni frequento’ la scuola  aeronautica piu’ famosa del Paese e divenne pilota di jet nella Air National Guard. Sono andato un paio di volte con Dean per seguire le esibizioni del giovane pilota. Dean fumava una sigaretta dopo l’altra, sudava e chiedeva in giro le notizie sul volo di suo figlio. Quando avvistava l’aereo in fase di atterraggio, Dean si lasciava andare a un sorriso incredibile, e parlava ad alta voce. Sono stato pilota anch’io e posso capire la gioia che prendeva il posto dell’ansia nell’animo del cantante.

Nel 1987 Dean jr compi’ il suo ultimo volo, allorche’ fini’ con l’aereo contro una montagna della California. Non riuscivano a trovare l’aereo. Dean cercava di essere calmo. “Lo ritrovano, lo ritrovano, sono convinto”. Penso che stesse pregando.  Poi  trovarono l’aereo. Fu l’inizio della fine per Dean Martin, che mori’ insieme con suo figlio in quella maledetta giornata. Da allora, devo dire che non ho capito piu’  Dean Martin, come una volta. Era tornato Dino Crocetti, che quasi di nascosto, andava in un piccolo ristorante vicino casa sua, assaggiava un filo di maccheroni e un bicchiere di vino rosso. Il suo volto era diventato come un foglio di cartapecora. Il respiro affannato, il cancro ai polmoni lo aveva ormai preso nelle sue grinfie. Una volta gli chiesi se potevo stare con lui mentre faceva finta di mangiare. Mi guardo’ a lungo, come un mastino nella nebbia di una mente che non voleva piu’ ragionare. Capii subito e lo lasciai, dicendogli ci vediamo dopo.

La sua amicizia con Sinatra e Sammy Davis era ancora viva, ma era una candela il cui stoppino stava esaurendosi. Lui parlava spesso di morte e, una volta, piangendo,disse: “Dio,Signore, perche’ lui e non me…”. In un incontro con Sammy e Frank, Dean disse che lui non avrebbe mai visto gli anni duemila. Sammy fece una scommessa:”Nemmeno io arrivero’ al duemila”. Frank si uni alla scommesse ma non sembrava convinto. Tutti e tre lasciarono questa Terra negli anni Novanta.

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